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Antartide

Era il 12 Dicembre 2002 quando la spedizione alpinistica “Antartide 2002”, composta da 6 amici, è partita dalla Terra del Fuoco, in Patagonia, alla volta della Penisola Antartica attraverso lo sterro di Drake, uno dei mari più temuti del mondo. Lì era la cosiddetta Estate Australe e il gruppo aveva lo scopo di raggiungerla a bordo della barca a vela “Pelagic” che poi, per tutto il tempo del viaggio, avrebbe dovuto fungere da “campo base”. Tante sono state le attività sportive che il gruppo ha svolto in questo continente così freddo e sperduto ma allo stesso tempo tanto pieno di vita (…)

Di seguito potrete leggere tutto il “diario di bordo”....

13.12.02: Siamo arrivati ad Ushuaia alle 18.00 ora locale, subito ci si rende conto che questo non è un posto qualunque, si respira un aria di "frontiera"; Richard il capitano del Pelagic ci accoglie all'aeroporto con Andrea gia qui da qualche giorno, e ci porta sulla Barca per farci salire a bordo e scaricare una parte del materiale, mentre fuori il cielo si accende di colori incredibili e il vento soffia instancabile come non mai. Domani visita alla cittadina e sistemazione di tutti i materiali a bordo, partenza prevista per Porto William domenica 15, e il giorno successivo raggiungeremo Capo Horn dove si attenderanno le condizioni meteo necessarie per cominciare la traversata.Ciao a tutti. Ennio.

15.12.02: Come da programma oggi abbiamo lasciato Ushuaia (Argentina) per Porto Williams (Chile), attraversando il canale Beagle. Il posto è veramente il confine sud del mondo, un paese un po' irreale che trova la principale giustificazione in scopi politico/militari. La navigazione è stata tranquilla, ideale per familiarizzare con il Pelagic con le manovre. In ogni caso i timori per oggi erano per le difficoltà burocratiche/doganali, d' ora in avanti potremo pensare solo più al mare di capo Horn fino all' approdo alla Penisola Antartica. Saluti da Gianni.

18.12.02: Siamo in piena navigazione in mare aperto e nonostante le pastiglie per il mal di mare, siamo tutti invitati a parte i 2 skipper e Cocco, al Vomitation Party, inizia le danze Ennio seguito da Mè a ruota Andrea poi Aure e infine dopo avere resistito a lungo anche Gianni, incredibile Cocco che non è mai salito su di una barca a vela non ha nessun malore, ha il fisico e probabilmente anche degli antenati marinai. Il mare dopo averci frullati per 2 giorni nei quali siamo stati completamente ebeti, in confronto a noi il mocio vileda dei pavimenti era la grinta in persona, ci risparmia il torcibudella e ci regala un giorno di mare tranquillo, veleggiamo a 8 nodi circa con randa fuori tutto e Genoa e Gennaker a metà siamo perennemente accompagnati da un gruppetto di Albatros, sono incredibili veleggiano sfiorando le onde per ore senza mai battere una sola volta le ali. Mercoledi pomeriggio passiamo il 60° grado di latitudine e siamo ufficialmente nella regione Antartica, il vento che fino a prima era da Nord-Ovest ora ha cambiato direzione prevale il vento Antartico da Sud-Est, e la temperatura è scesa decisamente. Ci alterniamo a turni di 3 ore in copia io e Gianni, Aure e Cocco, Andre e Ennio per tenere costantemente d'occhio l'orizzonte, pericolo Iceberg, infatti il radar segnala solo quelli grandi i piccoli devono essere avvistati (alla faccia della Tecnologia). Stando da solo sulla prua della barca ad ammirare l'orizzonte che mi viene incontro mi sento parte di tutto questo, è come se io fossi l'orizzonte, se io fossi il mare, la nebbia in lontananza, l'albatro che veleggia, il delfino che gioca sulle onde e so che è cosi perché la materia che compone questi elementi è la stessa con la quale sono composto io, gli stessi atomi che compongono queste cose, disposti tra di loro in maniera diversa, danno forma all'uomo. Io sono in loro e loro sono in ma............L'orizzonte è come il futuro che sembra sempre lontano, ma avanza rapidamente: occorre prendersi il tempo per vivere, per essere felici prima che sia troppo tardi. Ciao Umbe.

18.12.02: ore 11.03 ora locale, navighiamo nel mare di Drake da un paio di giorni. Da qualche ora il mare si è fatto più tranquillo e la "quasi" assenza di vento ci obbliga a procedere con la forza motore. Il vantaggio sta nel fatto che si dondola molto meno, lo svantaggio che il rumore dl motore è veramente fastidioso. Riassunto: o ci sballottola, o si sente un casino infernale, risultato, non può esserci tranquillità. Il Team alpinistico sembra essere risorto e finalmente si rivedono tutte le facce circolare per il Pelagic. Si scherza sulle 2 giornate trascorse con lo stomaco rivoltato come un calzino, e si riesce persino a parlare di montagna. Lo spazio ed il tempo che ci separano dall'Antartide diventano sempre meno, e tutti noi non vediamo l'ora di calzare scarponi e sci e vagabondarci sopra. Quasi ancora non riesco a crederci, ma eppure sono qua. Stanotte inizieremo i turni di guardia per il pericolo Iceberg, e domani notte dovremmo essere in vista di Deception Island. E' tutto fantastico.............. Ciao a tutti COCCO

19.12.02 Deception Island: Sono 8 ore che sono in branda e sopra la mia testa, dall'oblò, vedo passare valanghe d'acqua che spazzano la coperta del Pelagic sballottandoci come sulle montagne russe; Richie e Dion i due skipper è tutta notte che trafficano sotto le intemperie, e a noi non resta che fare il turno per avvistare ghiaccio, il mio lo ha fatto Cocco perché ero di nuovo Ko; ma finalmente questa mattina presto ci infiliamo nella spettrale baia di Deception Island, un vulcano attivo che cedendo su di un fianco ha lasciato penetrare al suo interno l'oceano, creando una sorta di baia naturale completamente nera e un riparo sicuro per i naviganti che vi sostano affascinati. Dopo aver ancorato il Pelagic, viene montato un piccolo gommone che ci servirà ogni volta vorremo sbarcare, e come lo caliamo in acqua un pinguino incuriosito si avvicina scherzoso. Sbarchiamo sulla spiaggia, nera e battuta da un forte vento, cade qualche fiocco di neve qua è là, e si intravedono gruppi di pinguini che con il loro goffo dondolare sembrano darci il benvenuto; le regole per il rispetto degli animali sono ferree, e anche se nessuno ci controlla lo skipper ci ha chiesto la massima collaborazione, avvicinarsi piano alla fauna, senza infastidirla e a non più di 5 mt. come giusto che sia; poi ci sono grandi albatri accovacciati vicino alle calderole, acqua fumante e solforosa che scende al mare; ma sullo sfondo si intravedono come fantasmi i resti fatiscenti di una base di Balenieri installata qui nel 1911 dai Norvegesi, oggi quel che ne resta è come un museo a cielo aperto con pezzi meccanici insabbiati qua e la, le baracche dei lavoratori e le cisterne che servivano ad immagazzinare il grasso di balena. Vaghiamo fra i rottami e la natura inospitale del luogo fa capire, che con il passare del tempo lei sa perdonare anche gli sbagli commessi dall'uomo, riprendendosi il terreno che una volta aveva dovuto cedere. Ora dopo una sana mangiata siamo pronti a partire per compiere l'ultimo tratto di traversata che ci porterà finalmente in Penisola, e dove tutti noi potremo cominciare la nostra attività. Ringrazio tutti per le mail che riceviamo, ma al momento non riusciamo ad inviare alcun messaggio per problemi logistici. Ciao ENNIO

21.12.02 FINALMENTE ANTARTIDE (Enterprise Island): Probalmimente ci saremmo voluti fermare di più a Deception Island, ma la direzione del vento era favorevole, quindi rinunciando ad un pò di riposo siamo partiti, dobbiamo affrontare l'ultimo tratto di mare aperto per arrivare nella penisola Antartica. A differenza delle aspettative il mare è piuttosto calmo e in tarda serata, si calma anche il vento.Durante la navigazione dobbiamo alternarci in coperta per evitare alcuni Iceberg su cui qualche pinguino ha deciso di rimanere, forse per andare in ferie ai tropici !? Nella "notte", se cosi si può definire visto che l'oscurità non arriva mai, avvistiamo alcune balene e nella mattinata ci appaiono i primi lembi di terra. Siamo in Antartide. Attracchiamo il Pelagic a ridosso di una vecchia baleniera arenata. Siamo ad Enterprise Island. Il cielo è coperto ma decidiamo comunque di fare un giro nelle piccole baie dell'isola. Muri di ghiaccio altissimi ci sovrastano, mentre alcuni Albatros cercano di colpire, "con quello che possono", il nostro piccolo gommoncino (per fortuna falliscono). Scampati al pericolo rientriamo al Pelagic questa sera risotto! Questa notte niente turni finalmente si dorme una notte di fila finalmente tutto è fermo, finalmente tutto tace finalmente... Antartide.Ciao ANDREA

22.12.02: PARADISE BAY e le BALENE: Oggi è giornata di trasferimento per Port Lockroy, incominciamo a respirare aria di montagna, sembra di essere nel gruppo del M. Bianco con le balene, nessun fotografo o cineoperatore penso riesca a trasmettere quello che riusciamo a godere. Vi invio solo una piccola testimonianza."NO COMMENT". Bacioni a DOMICRI. Ciao AURELIO

22.12.02: Per arrivare a Wienckle Island ci manca ancora un bel tratto di mare, cosi Richie e Dion decidono di deviare la rotta verso alcune baie interessanti vicine ad una Base scientifica Argentina. Il sole spinge affannosamente i suoi raggi nella fitta coltre di nubi fino a quando, stanche di resistegli, esse decidono di dissolversi per mostrare a questi 6 sconosciuti un paesaggio idilliaco, siamo circondati a 360° da montagne bellissime, picchi arditi si alternano a creste affilate, seracchi giganteschi si alternano a meringhe di neve lavorate dal vento............ siamo a Paradise Bay. Mentre il Pelagic avanza, gettiamo con avidità lo sguardo oltre ogni fiordo, oltre ogni iceberg, oltre ogni sperone roccioso, sembriamo 6 bambini dentro una stanza piena di "uova di Pasqua", dobbiamo aprirne il più possibile solo per la sorpresa, e fra tante sorprese c'è sempre la più gradita, 5 balene stranamente sembrano gradire la nostra presenza nella Baia, si comportano con la barca come dei gattini quando fanno le fusa,escono dall'acqua davanti a noi passano sotto la barca, avanzano girandosi e mostrandoci la pancia, abbiamo le macchine fotografiche "calieti". Più avanti nei pressi della base scientifica troviamo anche una grossa foca distesa a fare la "siesta" su di un pezzo di ghiaccio. Ore 14.00 spaghetti al tonno per tutti in coperta sotto il sole, con 20 gradi in più potremmo anche fare il bagno. Ripartiamo per la nostra meta il tempo cambia rapidamente ed in pochi minuti ci ritroviamo in mare agitato, vento e neve. Dopo circa 3 ore arriviamo alla meta, pensando di fermarci qui per qualche giorno dobbiamo ancorare la barca in rada, con tre funi, agli scogli più l'ancora per evitare che il vento ce la porti via, il tutto nei pressi di una colonia di pinguini. Oggi è stata una giornata magnifica, non so se potevamo chiedere di più, paesaggi incantevoli, montagne inviolate, sole, baie sorprendenti, balene, foche, pinguini....................Più mi addentro in questi luoghi e più mi accorgco di venire assorbito da essi, e sempre più mi accorgo che la felicità non va inseguita ma è un fiore da coliere ogni giorno, perchè essa è sempre intorno a tè, basta accorgesene. L'uomo felice non è colui che glia altri credono tale, ma colui che vede se stesso cosi. Ciao UMBE

23.12.02 JABET PEAK: L'attracco di Port Lockroy è la nostra prima vera sosta dopo la grande traversata dalla terra del Fuoco all'Antartide. La mancanza di buio ci porta a dilatare le nostre giornate, oggi cominciamo in tutto relax con un "coffee" alla base Antartica Inglese e con un servizio fotografico ai pinguini che convivono con Dave, Pete e Amanda, i tre inglesi che stanno qui da dicembre a marzo. Dopo aver avuto le scarne informazioni disponibili sulle montagne circostanti, verso le 14 siamo finalmente pronti per la prima uscita scialpinistica: Jabet Peak 1790 ft. Una gita non lunga ma sciisticamente divertente con un finale alpinistico su una cresta battuta dal vento. La neve che ci era sembrata pessima si rivela, se pur tecnica, sempre manovrabile; nell'ultimo tratto di discesa grande slalom per tutti, non fra i pali, ma fra i pinguini stupefatti della Baia. Al rientro sul Pelagic ci attende il the con l'ottimo "cake" di banane preparato da Richie. Ciao e ...buon natale. GIANNI.

24.12.02 LUIGI PEAK: Si parte di buon ora, la meta è il "Luigi Peak" 4708 ft. che è la vetta più alta del gruppo delle Sette Sorelle (salita solo 5 volte); che sovrastano la baia di Port Lockroy, ci inoltriamo nel grande Thunder Glacier che in due ore di terreno quasi pianeggiante, molto crepacciato ci porta al colle ononimo dove è possibile aggirare la parte rocciosa del "Luigi" e dal quale si ha una vista mozzafiato sulla baia opposta, subito ci rendiamo conto di non avere molte possibilità di riuscita, in quanto sopra i grandi seracchi le nebbie tengono avvolta la cima, celandoci la via di salita completamente; raggiungiamo il colle sopra i primi seracchi a quota 1800 ft. in circa 3,5 ore e la visibilità è pressoché nulla quindi decidiamo di scavare una truna e aspettare una schiarita che ci mostri il percorso per la vetta, visto che non ci sono cartine per l'orientamento. Il tempo peggiora sempre più, quindi decidiamo di scendere e nel pomeriggio facciamo ritorno al Pelagic. La coltre di nubi non lascerà più la cima neppure nei prossimi due giorni. Ma altre salite ci attendono....................P.S. Le possibilità Para-Alpinistiche sono eccezzionali, poter sorvolare le cornici e i seracchi di queste montagne è un sogno, ma fino ad ora il vento ha picchiato duro, notte e giorno sempre dai 40 ai 80 Km\orari; aspettiamo il giorno giusto e ..........Ciao da ENNIO

25.12.02 NATALE ANTARTICO: "Auguri" dormiamo fino alle 10 poi decidiamo che restare tutta la giornata in relax, non è cosa da noi, cosi verso mezz'odi decidiamo di dividerci in 2 gruppi Andre, Gianni, Cocco, Ennio e Richie vanno a fare 2 tiri di corda su di un seracco della baia, mentre io e Aure tentiamo una cima che avevamo adocchiato ieri nello scendere dallo spallone del Luigi Peak. All'inizio con Aure si pensava che la via di salita fosse banale, ma non rivela cosi; oddio non è niente di difficile ma si svolge tutta fra seracchi pensili e crepacci seminascosti, con il costante pericolo di crolli. Cio nonostante ne esce una bella salita, togliamo gli sci circa a metà di questa per la troppa pendenza, e picca e ramponi riprendiamo la marcia, l'ambiente è meraviglioso siamo circondati da castelli e torri di ghiaccio ma all'orizzonte l'arrivo di una perturbazione ci invita a affrettarci. Dopo essere passati su una serie di ponti di neve riusciamo, sempre costantemente accompagnati dal forte vento, a raggiungere la meringa sommitale, Aure lascia a mè l'onore di essere il primo a toccare la cima. In discesa la visibilità diminuisce, il riverbero della nebbia rende il pendio uniforme, decidiamo di non calzare gli sci e scendere ancora con i ramponi ai piedi. Fuori da pericoli oggettivi contattiamo via radio, gli altri cosi che possano iniziare a preparare il pranzo di natale. Verso le 17 siamo al pelagic, anche qui in Antartide io e Aure i due più "selvatici" della combricola siamo riusciti ad estraniarci dal gruppo per farci uno dei più bei regali di Natale. Oggi "solo" in compagnia di Aure mi sono accorto più degli altri giorni che in questi luoghi regna incontrastato il silenzio del vento, e mai come in questo periodo mi sono sentito cosi felice, aveva ragione Shakespeare, quando diceva che " il silenzio è l'interprete più eloquente della gioa". Ciao da UMBE.

26.12.02 PERLUSTRAZIONI: Ore 09.17. Siamo partiti da wiencke Island ormai da un'ora e mezza. Stiamo navigando in direzione di Cape Renard per imboccare i canali che ci condurranno verso un promontorio dell' isola diGraham Land. La si innalzano mount Scott e mount Shackleton. In questi tre giorni trascorsi a Wiencke Island, ci siamo fatti un pò un idea delle condizioni in generale. Come primo approccio abbiamo salito il Jabet peack. Il giorno dopo la meta era il Luigi Peack, la più alta dell' isola. Dopo lunghi traversi su ghiacciai tortuosi, siamo arrivati ad un colle a circa seicento metri di quota da cui inizia una lunga dorsale che porta alla vetta. La nebbia fitta e il forte vento ci obbligano ad una sosta forzata dentro ad una truna, ad attendere un miglioramento della situazione. Dopo un'ora e mezza la realtà è ancora quella, e a nostro malincuore decidiamo di scendere. Torniamo a valle. La decisione era sensata, il Luigi Peack rimane nella nebbia per tutto il giorno. Dedichiamo una giornata ad arrampicare sui seracchi per farci un'idea anche di questo tipo di terreno. Il vento è sempre presente e costante, ma la temperatura è mite rendendo il ghiaccio spugnoso ed inconsiste e la neve molto marcia. Verso le 10.00 usciamo dal canale che costeggia Wiencke Island, ed un nuovo punto di vista si apre sul Jannsen Peack. Avevamo sino ad ora scartato l'idea di salirla, perché dal versante nord ovest, si presentava molto inpervia e con enormi e spugnose cornici sommitali. E' una montagna bellissima, e fa parte delle cosi definite "sette sorelle". Una serie di sette picchi che partendo dal Luigi Peack, si sviluppano su di un unica dorsale orientandosi da sud est verso nord ovest. Si elevano più o meno alla stessa quota terminando con la Janssen, la più alta delle sorelle. La vista del versante sud sud est, rivela una buona linea di salita. La valutiamo con attenzione, e dopo un piccolo summit, decidiamo che è il caso di tentare. Dietro front e torniamo verso port Lockroy. Ormai oggi è troppo tardi per provare, passeremo la notte nel canale, e domani all'alba si tenterà. Ancorato il Pelagic, visto l'orario più che ragionevole, decidiamo di fare un giro in avanscoperta. Primo problema da risolvere, un punto di sbarco per il gommone che ci porta a riva. Come per il novanta percento del territorio visto sino ad ora, la parte terrena che si affaccia al mare, è sovrastata da un enorme muro di ghiaccio alto in media dai trenta ai settanta metri che ciclicamente crolla in acqua dietro la spinta del ghiaccio a monte (modo in cui si formano gli iceberg). Troviamo un buon compromesso di sbarco in una sottile congiunzione di ghiaccio fra un isolotto del canale e la Wiencke Island. Sbarchiamo io Gianni ed Andrea, e dopo una tortuosa salita sulla tormentata parte iniziale del ghiacciaio, guadagnamo delle parti più tranquille, e portiamo a termine il giro di ispezione sino alla base del Janssen Peack. Una zona molto seraccata si prospetta già sin dai primi metri di salita,.........ma questo sarà un problema di domani...Ciao COCCO

27.12.02 JANSSEN PEAK 3651 ft : La principale cresta spartiacque di Wiencke Island, dove siamo ancorati, parte dal picco Luigi ( Duca Degli Abruzzi ), ed è costituita dalle " Seven Sisters", cime affilate ed orlate di spettacolari cornici e funghi di ghiaccio sommitali. Richie, lo skipper del Pelagic, già frequentatore di queste zone anche come alpinista ci aveva più volte suggerito questi "unclimbed peaks", solo la prima delle sette è già stata salita. La scoperta di un possibile itinerario logico ed interessante all' ultima ( e forse più alta) delle sorelle ci aveva trovato subito unanimamente entusiasti e convinti nel tentarne la salita. Nella notte siamo costretti a levare gli ormeggi a causa del cambiamento della direzione del vento, l' agitazione del momento motivo per una veloce se pur involontaria immersione di uno di noi nelle acque antartiche. I preparativi, iniziati dai più previdenti la sera precedente filano con insolita rapidità ed efficienza e di primo mattino ci vediamo sbarcati dal gommone sotto la seraccata basale con solo mezz' ora di ritardo sulla tabella di marcia prevista. Questa volta siamo divisi in 3 cordate, e grazie all'ispezione di ieri in meno di 2 ore siamo sotto la parete sud del Janssen Peak (nota: il sud dell'emisfero australe equivale al nord dell'emisfero boreale). Con brevi discussioni ci indirizziamo nella salita degli oltre 600 mt di dislivello tra dove lasciamo gli sci e la cima. Vi sono alcune seraccate da evitare e almeno 3 grossi tagli di crepacci da passare ma con alcuni traversi la via più logica nasce senza dubbi ed incertezze. La pendenza media varia tra 40° e 50°, con un breve tratto più dolce ed alcuni passaggi un po' più ripidi che rendono la salita meno monotona. La qualità della neve è ottima, si affonda dal classico mezzo scarpone fino alla caviglia, un unico traverso in neve più profonda ci richiede cautela, ci alterniamo nel battere la pista procedendo sempre speditamente. Dopo una breve sosta sotto un risalto roccioso, e con un ultimo cambio della cordata di testa che apre la pista, arriviamo titubanti sotto le grosse cornici sommitali avvolti in un velo di nebbia, con precauzione affrontiamo questo tratto e ci ritroviamo subito sorridenti sulla vetta. Non fa freddo e perciò attendiamo che si sveli la cresta delle altre sorelle per un' ora e mezza, non siamo fortunati in questo, per cui iniziamo a ripercorrere a ritroso la traccia con una breve variante che evita il risalto roccioso superato in salita. Quasi al termine delle difficoltà la cordata che precede si permette una scivolata alternata dei due componenti, arrestandosi prudentemente in pochi metri. Arrivati agli sci filiamo velocemente alla barca ove ci attendono Richie e Dion, che si sono procurati due bottiglie di Gin (dono del padre di Dion, Jerome, di passaggio da port Lockroy con il suo Golden-Fleece). Ci permettiamo di sacrificare qualche etto di puro e antico ghiaccio Antartico per il brindisi con i nostri Gin Tonic. La sera tentiamo di invitare per cena i tre inglesi della base, che si complimentano con noi, scopriamo che hanno già cenato e ci rendiamo contro che i nostri orari italiani si sono ancora più dilatati dalla luce ininterrotta di queste giornate, così verranno da noi a bere qualche cosa dopo cena davanti all'ultimo panettone superstite.Ciao GIANNI

29.12.02 BEAUTIFUL DAY: Fra tutte queste cime ogni giorno il mio "cuore da volatile" è alla ricerca di possibili decolli fra creste affilate, cornici e seracchi, ma viste le condizioni meteo che ci seguono da parecchi giorni, e classiche dell'Antartide, nebbie sopra i 700 mt. vento che non molla, fra i 50 e gli 80 km\h, la scelta del primo volo ricade su di una cima non molto alta 510 mt, ma in una posizione strategica nella baia di Port Lockroy, questa cima si trova su di un isola al centro della splendida baia ai cui piedi partono possenti ghiacciai che terminano in mare, dove da qualche giorno sostiamo e dalla quale si ha uno splendido panorama su tutte le cime circostanti a 360°, fra cui la "nostra splendida cima il Janssen Peak che ci ha visto impegnati nella salita solo qualche giorno fa. Gia ieri mattina siamo saliti al Doumer, la cima che sovrasta l'isola, ma le pessime condizioni del tempo ci vedono bloccati sulla cima nelle nebbie, nella solita truna, con vele al seguito, e da dove infreddoliti guadagniamo di nuovo la calda coperta del Pelagic. Sono le 7, Gianni mi da la sveglia con il sorriso fra i denti, mollo il sacco e corro su dal pozzetto.......non posso credere ai miei occhi, li strofino per bene ma il risultato è lo stesso, SOLE cielo terso e leggera brezza da nord, chiamo gli altri e anche gli skipper si alzano per poter mollare gli ormeggi, dalla splendida caletta fra i pinguini dove al sicuro abbiamo passato la notte, mentre facciamo colazione Richie e Dion sono al lavoro per spostare la barca in un punto da dove sia possibile sbarcare noi e il materiale sull'isola, calziamo gli sci e ci avviamo su per il plateau sottostante la meta, giunti in vetta fuori le vele e una splendida brezza ci fa giocare qualche minuto per le solite foto di rito, e per ammirare un panorama che è a dir poco mozzafiato qualche passo sopra le meringhe sommitali e io Aure e Umbe siamo in volo in questo fantastico continente, il solito urlo di gioia ci vede scollinare la cresta sotto gli occhi di Gianni Cocco e Andrea che pazienti ci hanno assistito nelle fasi di decollo, e le cui macchine fotografiche fanno scintille; pochi minuti di volo sopra gli spaventosi crepacci del plateau e ci troviamo di nuovo nella neve senza parole, ma felici di questa planata fra i ghiacci, aspettiamo che il resto del gruppo ci raggiunga con gli sci mentre ripieghiamo le vele e poi si decide di dividersi per il resto della giornata, perché in Antartide, come ci è stato riferito dagli amici della base inglese le giornate come questa sono molto rare, quindi io e Umbe decidiamo di risalire in vetta per terminare le riprese ed effettuare un secondo volo, mentre il resto del gruppo decide di avviarsi per tentare di nuovo il Luigi Peak in giornata, perché qui la giornata è veramente lunga 24 ore di luce sicure, ma questa è un altra storia......................Un caro saluto a tutti i "Soci" del Club che oggi, avrei voluto tutti insieme per uno splendido giorno di volo. Ciao ENNIO.

30.12.02 NOTE DI VIAGGIO: Molti aspetti del nostro strano viaggio non sono riportati nei diari giornalieri, ad esempio non abbiamo ben presentato i nostri skipper: Richiard (Richie) e Dion. Richie, il capitano del Pelagic, con una lunga esperienza su tutti i mari del mondo, è anche un alpinista che ha salito montagne nei vari continenti, ha visitato nelle nostre alpi anche la Val d'Aosta salendo la Gran Sassiere e facendo la traversata del Cervino per le creste di Zmutt, in salita e Hornli, in discesa; predilige i posti più tranquilli, accettando il disagio dei bivacchi all'aperto. Per questo sue ci ha incoraggiato ed indirizzato nelle salite possibili della zona che stiamo visitando, è anche un buon cuoco (pur essendo inglese), alto 6 ft + 3 inches e 1/2 (2 mt.) asciutto nonostante i 3-4 etti di pasta che mangia quando cuciniamo noi. Molto disponibile parla anche il francese e lo spagnolo, gli stiamo insegnando l'italiano e il bergamasco iniziando dalle espressioni più colorite e caratteristiche, dorme sempre con un occhio aperto pronto a balzar fuori dal sacco a pelo al minimo rumore della barca. Dion è nato 23 anni fa in un battello ancorato in una piccola baia della Giorgia Australe, assorbendo così l'amore per la natura di queste latitudini e il mestiere del marinaio, si muove con estrema naturalezza in barca anche quando il mare è fatto a montagne russe. Vive qui, tra la terra del Fuoco le Falkland / Malvinas, la South Georgia e l'Antartide; il padre Jerome Poncet è un mito di questi mari (dall'83 solo per un anno ha mancato la traversata dello stretto di Drake), ha importato in Georgia col suo battello le renne dalle Falkland (già importate dalla Lapponia). Ogni tanto ci facciamo raccontare dai nostri skipper qualcosa su Willie Wau, il temibilissimo colpo di vento catabatico che arriva improvviso e così potente da rovesciare barche, distruggere tende e far volare le persone, il nostro peggior incubo è di venirne sorpresi su una cresta o agganciati al parapendio. Le temperature sono per ora migliori del previsto, raramente siamo scesi sotto gli 0 °C, il vento è sempre presente talvolta piuttosto intenso. Il giro compiuto dal sole nel cielo ogni tanto si ripresenta nelle discussioni, la luce è sempre presente nelle 24 ore ma il sole gira da est a ovest passando da nord (equatore) perciò i versanti rivolti a sud (al polo) sono più innevati e glaciali di quelli rivolti a nord. Il riverbero è fortissimo a causa della neve, del mare, anche con la nebbia, per cui facciamo grande uso di creme solari. Dopo circa una settimana passata presso Wincke Island vale la pena di presentare la base Inglese di Port Lockroy, attiva dal '43 al '62 ora ospita 3 persone i mesi di dicembre-marzo, sede dell'unico museo Antartico, vi si può trovare qualche cartolina, spille e magliette e si può spedire la posta grazie alla nave che passa circa una volta al mese (nel periodo estivo). Dave, veterano dell'Antartide, Pete e Amanda sono molto cordiali e disponibili a socializzare. La minuscola isoletta che li ospita è incantevole popolata da pinguini e circondata da bellissime montagne sulle quali abbiamo fatto belle salite, discese in sci e voli in parapendio. I primi esploratori e abitanti delle zone che visitiamo sono stati i cacciatori di balene. Le basi baleniere utilizzate in passato, soprattutto da inglesi e norvegesi, sono ora abbandonate, la Georgia del sud è ormai disabitata, a Deception Island si possono vedere solo i ruderi delle baracche, un hangar semidistrutto, alcuni enormi serbatoi per il grasso di balena, resti di scialuppe. Oggi è difficile immaginare la vita degli abitanti di un secolo fa capaci di vivere qui, dove oggi ci sembrano già difficili le condizioni nella stagione estiva. L'aspetto culinario merita qualche dettaglio in più dei pochi accennati fin ora. Sul Pelagic prevale la cucina italiana, noi siamo in maggioranza ma anche Richie e Dion si difendono bene. Grazie alla buona quantità di parmigiano, prosciutto di parma , bresaola, spek scamorze, salami, caffè, panettoni, olio extra vergine e vino (due sole bottiglie italiane il resto sudafricano e argentino) incredibilmente scampati alla dogana Argentina, ci stiamo trattando da non dover rimpiangere troppo casa. La fantasia dei nostri chef contribuisce a trasmetterci energia e buon umore. Lo spazio a bordo è limitato per cui è richiesto un ordine rigoroso e le soluzioni della cucina per stoviglie, contenitori vari e fornello sono genialmente studiate, è incredibile la quantità di cibo che abbiamo stivato e che ci impegniamo a gustare. Il fornello a gas, basculante per poter cucinare anche con la barca inclinata a 45°, permette con dei ferri di tenere ferme le pentole anche durante i beccheggi fra le onde. Il caos maggiore è nei pressi della stufetta dove fra calze, guanti scarpe, pelli di foca ecc... c'è sempre una montagna di cose ad asciugare. La libreria di bordo è fornita di quasi tutto lo scibile relativo al continente antartico, in gran parte in inglese. Il bagno ovviamente richiede le attenzioni da parte degli 8 utenti ma quando la barca accende il motore consente di avere una doccia calda con acqua di mare (con cui vengono lavati anche i piatti). La strumentazione di bordo oltre a Radar, GPS, Sonar, anemometro, radio, collegamento satellitare, cd player e carte nautiche è stata da noi integrata con un calendario murale che ci ricorda l' esistenza dell' altro sesso. Ognuno di noi nel poco tempo libero a disposizione (tra montagna, pinguini, manovre della barca, cucina, corvè, conversazione e riposo) coltiva le proprie passioni : letture, pittura, musica, l' atmosfera tra noi è sempre ottima. By e .. buon anno, GIANNI

29/12/2002 FINALMENTE LUIGI PEAK: ........ Finalmente dopo tanto tempo si rivede la cima del picco Luigi (perennemente avvolta da una cappa di nebbia) e, anche se è quasi mezzogiorno, decidiamo che è il caso di riprovare. Ennio e Umberto, pensano di risalire sulla Doumer, per ripetere il volo con il parapendio e fare delle riprese con la videocamera. Noi quattro scendiamo al Pelagic, mangiamo velocemente un boccone e prepariamo gli zaini e i materiali. Alle 14.00 il dinghy ci sbarca sulla riva della Wienckee Island e partiamo. Inizialmente percorriamo il tratto che già avevamo salito qualche giorno prima, quando eravamo arrivati al colle. Saliamo questa parte un pò più tranquilli visto che la "conosciamo"già, e raggiungiamo il colle con del tempo in anticipo rispetto a quello che ci eravamo prefissati. La giornata è splendida, e ora la nebbia non ostacola più la nostra vista. La dorsale che conduce alla vetta del Luigi, non sembra essere cosi semplice come credevamo. Percorsi pochi metri, subito ci troviamo su un crinale i cui lati cascano in maniera verticale da entrambi i versanti ed una "balza" ghiacciata da superare. L'itinerario è grandioso. Prosegue alternandosi su ghiacciai di cresta rotondeggianti e percorribili con gli sci ai piedi, ad altri, in cui creste affilate e con enormi cornici sporgono per diversi metri nel vuoto. L'ultimo impegnativo tratto di salita, è anticipato da un vasto pianoro che sembra voler far riposare le gambe e lo spirito. Ora, 400 metri di dislivello in salita molto ripida, fra tratti di seracchi e meringhe di ghiaccio, ci impongono una attenta scelta della linea da percorrere. Dopo un'oretta siamo in vetta, sono le 20.10. Lo spettacolo è reso ancora più grandioso dalla splendida giornata ancora piena di sole.Ci stringiamo la mano soddisfatti e creiamo con una pala da neve un riparo per il vento. Chiamiamo con la radio il Pelagic e comunichiamo il nostro arrivo in vetta. Un boccone, un sorso di the, e si comincia a scendere.Sono ormai le 23.30 quando rimettiamo i piedi sul Pelagic, le 23.30, ma è quasi come se fosse pieno giorno.....Ciao COCCO

30/31.12.02-1.01.03: Si riparte ! Ci dirigiamo a sud verso Cape Renard, passando sotto la spettacolare Renard Tower entriamo nel Lemaire Channel, alias Kodak valley, quasi un canyon che che si insinua tra montagne alte tra i 700 e i 1000 metri, con alcune pareti che hanno già cominciato ad attirare gli arrampicatori alla ricerca dell' estremo. In questo tratto abbiamo ancora degli incontri ravvicinati con le balene in alcune baie e usciti dal canale ci ancoriamo per la notte presso alcune isolette che l' indomani: 31.12 esploriamo consumando qualche rullino fotografico tra foche, pinguini e uccelli marini. La sera dell' ultimo dell' anno abbiamo la compagnia di un' altra barca (il Philos) e il brindisi del nuovo anno lo facciamo assieme a 5 svizzeri (tra questi, unica donna è un' italo-brasiliana). 01.01.03 Navighiamo tra fantastici iceberg, non resistiamo alla tentazione estrarre gli attrezzi per giocare sulle mura di questi castelli di ghiaccio. Gli inquietanti rumori di fratture profonde che si producono in alcuni casi sotto i colpi delle nostre piccozze ci inducono a non affrontare le strutture più esili (vi sono delle storie spaventose a questo riguardo). Quattro di noi vogliono sfruttare la bella giornata per salire con gli il Mont Mill una cima invitante e non troppo impegnativa. Si viene così a scoprire che in antartide, in un pomeriggio assolato, i pendi rivolti a nord sono sconsigliabili, visti anche i numerosi crepacci a 150 m. dalla cima si girano gli sci verso il mare. Per la notte andiamo ad ancorare il Pelagic presso un' isoletta sede di una base scientifica ucraina (acquistata dagli inglesi per una sterlina). Nel dopocena andiamo a farci offrire qualcosa al bar degli ospitalissimi ucraini che ieri hanno vinto per 8 reti a 2 la partita di calcio (sul campo di neve) contro l' equipaggio del Philos. Ciao GIANNI

1.1.03 Vita dura in Antartide! In questo posto bisogna stare attenti a tutto. Se vai a sciare devi stare attento a non investire qualche pinguino, se vai in barca devi stare attento a non travolgere qualche balena e a non essere travolto a tua volta da qualche iceberg.Se poi vai con il gommoncino a farti un giro rischi addirittura di farti cagare addosso da qualche Albatros, le uniche bestie che sembrano non creare troppi problemi sono le foche, però ti fissano come se fossi un deficiente, forse perchè ti vedono uscire dalla barca per andare a caccia di un pezzo di ghiaccio per il Gin-Tonic. Anche per loro è facile capire che se uno resta senza ghiaccio in Antartide è sicuramente un deficiente. Ma pensa la fortuna che avete voi a casa per festeggiare il nuovo anno potete sfogarvi ancora un pò in qualche bellissimo centro commerciale con i Beatles di sottofondo odore di cibo ovunque e bellissime commesse che con gli occhi sembrano volertela dare entro l' Epifania ma che alla fine riescono solo a rifilarti un maglione orribile da seicentomilalire che non userai mai....Ma sii... Per recuperare le seicentomilalire giocate in borsa! E per farvela dare la prossima volta chiedetegliela. In internet tutti ci chiedono come Stiamo. Noi Benissimo... e Voi? Augurissimi per il nuovo anno! Ciao ANDREA

2.01.03 Monte SCOTT: L' alta pressione sembra tenere ancora, ci alziamo alle 7:00 con un' altra giornata splendida la nostra meta è il monte Scott. La neve è dura, ci leghiamo in due cordate , io Gianni Cocco e Aure Ennio e Andrea. Il vallone che porta alla cima è immenso, come al solito dobbiamo aggirare vari crepacci in una zona semi pianeggiante, poi la salita si fa più sostenuta fino ad arrivare ad un colle, proseguiamo sulla sinistra per raggiungere la cima, sulla sommità fra cornici gigantesche e crepacci aperti colorati di un blu elettrico ci accorgiamo di non essere sulla cima esatta, facciamo qualche foto e poi tutti assieme decidiamo di scendere un centinaio di metri, Gianni e Cocco insieme faranno un traverso per evitare dei grandi seracchi e raggiungere dopo un ampio giro la cima, io mi slego da loro e vado con gli altri per fare due cime gemelle forse appena più alte dello Scott e non menzionate sulla carta, c'è la probabilità che nessuno le abbia ancora salite; mentre noi saliamo su terreno glaciale, teniamo d'occhio i nostri compagni che salgono allo Scott.. Dalla vetta avvolta fra le nebbie, cominciamo una discesa in sci e in breve riguadagnamo il colle, dove una splendida sciata fra i bastioni dello Scott ci porta di nuovo al mare.Guardando il paesaggio Antartico dal livello del mare, sulla barca, è a dir poco eccezionale ma vederlo dall'alto di una montagna appena salita è imparagonabile, lo sguardo si perde e all'orizzonte appaiono un infinità di catene montuose, ghiacciai immensi, creste affilate, in mare miriade di iceberg si lasciano trasportare dalla corrente e dal vento, sembrano tanti coriandoli caduti dal cielo. In queste circostanze ci si sente "amalgamati" con tutti questi elementi, è un po' come se la nostra anima si nutrisse di tutto ciò che gli occhi riescono a scorgere. L'Antartide tutti i giorni ci regala un overdose di felicità, amore e libertà "impossibile non esserne assuefatti". La parola libertà mi ricorda una bellissima frase di un cantautore Andino "Ho cosi tanti fratelli che non riesco a contarli, ma una sola grande vera amica, il suo nome è Liberta". Ciao UMBE.

4.01.03: WENDELL PEAK: Ore 6,00 la solita sveglia sgradevole, si sgradevole perché pur essendo in vacanza e sperando di essere riposati, le sei del mattino è sempre un orario che nel sacco a pelo ci si sta "volentieri" si dovrebbe fare un monumento a chi ha inventato il sacco a pelo, così diceva sempre il nostro socio Antonello quando ci s'infilava in un bivacco "all'adiaccio" poi dopo una notte insonne chissà perché il sonno arriva sempre prima che suoni la sveglia. Questa notte proprio ho dormito male, probabilmente è l'inconscio che ha lavorato, oggi dobbiamo salire una cresta che non sembra semplice, la tensione non è dovuta alle difficoltà dell'itinerario, che non dovrebbero essere sostenute, ma a tutti quei pericoli oggettivi non valutabili dall'uomo"scariche di sassi, cornici ecc..." che sono presenti su tutte le montagne, ma qui proprio non possiamo permetterci che succeda il minimo incidente, i soccorsi sarebbero molto a rilento sempre che si possa parlare di soccorsi e non di autosoccorso che la cosa lascia tutto dire. Puntuali Io,Gianni,Cocco ci troviamo a fare colazione e senza dir una parola per non disturbare chi dorme con automatismi ormai consolidati prepariamo gli zaini e come da tabella siamo pronti a farci traghettare dal Dinghi sul Pak.Con passo lento c'incamminiamo verso la nostra meta, l'itinerario si presenta divertente e vario, tratti di roccia s'intervallano a tratti di misto, la roccia è talmente solida che:" Gianni mi raccomanda di prendere qualche bell'appiglio per il prossimo passaggio!!!!".Poco più di tre ore ci servono per arrivare sulla cresta sommitale dopo circa settecento metri, da qui il nostro itinerario si svolge a Nord Est e nostro malgrado la neve è completamente fradicia è sufficiente una piccola palla di neve per attivare slavine puntiformi di superficie che si trasformano in trappole mortali. All'unanimità decidiamo di rinunciare e lentamente prendiamo la via di discesa.In attesa che vengano a prenderci col Dinghi ci permettiamo una lunga sosta con dormita sotto il sole cuocente Antartico!!!! è veramente una fortuna trovare giornate così terse a queste latitudini il nostro Skipper dice che è una condizione veramente rara e ci vorrebbe ancora con lui il prossimo anno visto che siamo garanzia di bel tempo, se ci ospita lui noi siamo d'accordo!!!La serata si conclude alle ventuno con aperitivo a base di Gin- Tonic e cordero in pozzetto sotto un tramonto mozzafiato, ma siamo in Antartide o in Sardegna????Ciao a tutti.Bacione a Domicri. AURE

6.01.02 BRYDE ISLAND: ....Partiti da un paio d'ore dalla baia di Pursuit Point (baia in cui abbiamo pernottato), navighiamo verso nord, e la nostra vista è catturata dall' apparire in lontananza dell'isola di Bryde Island. Man mano che ci avviciniamo, comincio con l'immaginazione a tracciare ipotetiche vie di salita, ora su una, ora sull'altra cima, per poi variarle immancabilmente con il cambio di prospettiva che il Pelagic in movimento ci offre. Il solo pensiero che la quasi totalità delle cime che ci circondano non sono mai state salite è a dir poco affascinante. Arriviamo vicini all'isola, ed attracchiamo in prossimità di una baia chiamata Killermet Cove. In piedi sul bordo della barca, cominciamo ad individuare una cima che ci piaccia. E' un momento magico. Non esiste nessuna informazione su queste montagne se non quelle più che approssimative delle carte nautiche. Spesso e volentieri, riportano dei dati con dei grossolani errori, sia di posizionamento che di quote altimetriche, quindi anche quel poco che c'è è non è da tenere troppo in considerazione. La cima è scelta, non ha nome e non si sa niente, ma ci offre una bella via di salita, e da quel che sembra da qua in basso, una buona prospettiva di sciata. Prepariamo le attrezzature e partiamo. Il primo tratto di salita è composto da un lungo falsopiano che ci porta su un colletto dove si aprono nuove bellissime opportunità. Dopo una sosta fotografica e di contemplazione ripartiamo. La meta pian piano si avvicina, anche se ora il ghiacciaio comincia ad essere più ripido e crepacciato di come sembrava dal basso. Una lunga crepa trasversale ci obbliga ad un traverso che ci porta sopra un salto di rocce in cui riusciamo a trovare un passaggio che ci immette sul crinale. Da qui parte la rampa finale che ci condurrà in cima. Ci arriviamo dopo aver aggirato ancora un paio di grosse crepe. Ammiriamo il panorama, che come sempre si rivela fantastico. Piccola sosta, preparativi per la discesa, e via. Le crepe ed i ponti di neve trovati in salita ci concedono di sciare slegati solo per un breve tratto, dopo di che la nostra bella sciata che avevamo preventivato dal basso si trasforma in un "scendere" rigorosamente legati in cordata. In breve raggiungiamo il colletto, e visto l'orario benevolo, decidiamo di salire una seconda cima. Il suo aspetto è più severo e maestoso della prima. Una lunga terminale a duecento metri dalla cima, la taglia in quasi tutta la lunghezza, e segna una brusca impennata del pendio che ci obbligherà a proseguire con picozza e ramponi. Giunti sotto la parete ci accorgiamo di una possibile via di salita per la cresta est-nord-est. Raggiungiamo la spalla della cresta, lasciamo gli sci, e riusciamo a trovare un passaggio benevolo che ci concede di montare sulla cresta, superando un ponte non troppo solido. Le grosse cornici e la sua ripida linea di salita ci fanno guadagnare la vetta con fatica, ma con grande soddisfazione. Ci stringiamo la mano, contenti per questa nuova benevole giornata che l'Antartide ci ha regalato. Scendiamo con la massima attenzione per la stessa traccia fatta in salita. Calzati gli sci, un bellissimo tratto di discesa ci permette di rifarci della discesa precedente. Siamo di nuovo al colle, riprendiamo le tracce lasciate in salita, e via verso il Pelagic. E anche oggi è stata un'altra fantastica giornata........Ciao COCCO.

7.01.03 ROJAS PEAK: E' l'alba quando sento qualcuno salire di corsa dal pozzetto, eppure la sveglia era per le 7.30 oggi, ma è solo per controllare che l'ennesimo colpo causato da un pezzo di ghiaccio portato dalla corrente contro lo scafo, non abbia causato danni, sempre così nelle notti in rada in Antartide, ormai mi sono abituato; le prime notti il rumore del ghiaccio in acqua non mi dava pace, ma poi ci si fa l'orecchio; la baia che ci ha "ospitato" per la notte è a dir poco da favola, una piccola insenatura circondata dal solito muro glaciale dove giocano instancabili i pinguini, e sullo sfondo un tormentato ghiacciaio che si riversa in mare, che per tutta la notte si è fatto sentire con i suoi cupi boati. Mi alzo per la colazione e in poco tempo tutti ci troviamo intorno al tavolo con le solite facce assonnate, Richie controlla subito le carte del tempo, che ci giungono via satellite, e mi comunica, con aria a dir poco stupefatta, che oggi potrebbe essere una nuova giornata senza vento, e lui, un "abitue'" del posto, non si spiega tanta benevolenza e mi rivolge la domanda, "is possible paragliding?" Ok gli rispondo e chiedo agli altri, chi viene? Trovo Gianni e Cocco disposti a salire una cima nella zona di Paradise Bay, per darmi l'assistenza al volo, e per farsi una sciata, si perché qui anche se si parla di cime non molto alte, ci si rende subito conto che il terreno su cui ci si muove non è dei più facili, crepacci e seracchi ti sbarrano la strada anche quando la meta sembra ormai in tasca, ed è quindi necessario muoversi sempre legati anche con gli sci ai piedi. Di fronte a noi dalla parte opposta della bai si innalza il Rojas peak 675 mt. che con terreno glaciale a balze, e una piccola cresta a cui fa capolino la solita meringa che conduce alla cima, lascia intravedere una possibilità di decollo anche se non dal punto più alto. Sono le 10 quando il dinghy ci sbarca sulla riva, su di uno scivolo di neve molto ripido calziamo gli sci, per risalire i primi 50 mt. soliti di ghiacciaio che con un possente muro terminano direttamente in mare, un brivido corre nel sangue a pensare di dover trovare un atterraggio su di quel terreno crepacciato.Saliamo spediti, anche se io sono appesantito dalla attrezzatura di volo, i soliti girotondi per evitare spiacevoli cadute ci conducono sul plateau, da dove Cocco in testa al gruppo senza problemi trova la linea migliore di salita per la vetta, che non ci fidiamo a calpestare negli ultimi metri, perché troppo esposta sulla cornice sommitale, scendiamo di qualche metro, e trovato il luogo ideale per il decollo, che consenta un possibile sbaglio, apro la vela, consegno gli sci a Gianni, che gentilmente li porterà a valle e mi preparo, i soliti controlli e via sono in volo, mi porto da prima sull'ampio ghiacciaio dove viro a destra per raggiungere una cima più bassa che fa da spartiacque vero il mare, sono senza parole, ovunque il mio sguardo possa arrivare si vedono, mare ghiaccio e montagne, cerco un po' di dinamica sui suoi fianchi, ma non si può chiedere troppo, proseguo verso un ampio colle che conduce verso un picco che porta direttamente al mare, vedo il Pelagic, che paziente aspetta nella baia, ma è ora di cercare un atterraggio sicuro, evito la zona dei grandi crepacci, che anche se ancora coperti dalla coltre di neve, dall'alto sono molto visibili, quindi decido, visto che la quota me lo consente, di uscire qualche metro sopra il seracco che precipita in mare e poi viro di nuovo verso terra, un ultima virata e atterro, sono felicissimo, l'ormai consueto "sbuffo" mi fa girare verso il mare e vedo 2 balene fare capolino fra gli iceberg mi siedo e .....................Ciao a tutti da ENNIO.

8.01.03 BRITANNIA PEAK: Oggi è l’ ultimo giorno che possiamo dedicare all’ attività alpinistica prima di iniziare il viaggio di rientro. La voglia di fare ancora una bella salita tira fuori dal sacco a pelo Aurelio già alle 4 del mattino, ma solo alle 6.30 il tempo sembra decidersi al bello e così dopo aver spostato la barca sotto il versante sud del Mount Britannia e fatto colazione, sbarchiamo in tre (Aurelio, Cocco ed io). Le condizioni sono buone ma il ghiacciaio che vogliamo percorrere con gli sci è tagliato da numerosi, enormi crepacci e il percorso come al solito è tutto da inventare (non sappiamo di nessuno che abbia già salito questa cima che domina coi suoi 1150 m. la Rongè Island). Riusciamo a salire trovando sempre rapidamente soluzione ad ogni nuovo ostacolo, in due punti più ripidi ci togliamo gli sci. Al colle possiamo ammirare la cresta orlata di enormi meringhe strapiombanti, presenta per fortuna un agevole passaggio che porta alla cima più alta. Il nostro entusiasmo deve fare i conti solo col limitato numero di fotogrammi che abbiamo e che ci permetteranno di rivivere a casa questi paesaggi e questi momenti. Nella discesa le condizioni sono ancora così buone da permetterci una bella sciata senza l’ impiccio della corda. Vengono a prenderci in spiaggia col gommone Andrea ed Ennio che oggi si sono dedicati ad un nuovo sport : nuoto tra gli iceberg (con una speciale tuta). Dopo il tradizionale spuntino ci spostiamo col Pelagic sulla costa di fronte al versante Est del M. Britannia dove si trova una ex-base britannica adibita a ricovero di emergenza (zeppa di viveri scaduti e oggetti d’ epoca), dal libro del rifugio scopriamo che nel febbraio scorso un gruppo di 9 persone è rimasto qui 2 settimane salendo lo stesso monte che abbiamo salito noi oggi. Stasera Ennio cucinerà polenta e salame fritto con la panna. Buon appetito e …Ciao da GIANNI.

9/10/11/12.01.03 MELCHIOR ISLAND: Sono 3 giorni e mezzo che siamo ancorati in questa simpatica baietta al riparo dei forti venti che stanno soffiando nel Drake, tutto il materiale alpinistico è stato stivato per il viaggio di ritorno, e si stanno compiendo i preparativi di sistemazione della barca, nel tempo libero, che è molto, c'è chi prepara il pane in vista di giornate poco tranquille, chi prepara delle ottime pastasciutte, chi legge o fa una partita a scacchi; ma le carte del tempo che ogni 6 ore, ci giungono via satellite, e che Richie pazientemente studia non lasciano intravedere nulla di buono, almeno per il momento, sul Drake incombe una perturbazione con forti venti, oltre 50 nodi con direzione Nord, che è purtroppo la direzione in cui noi dobbiamo procedere, si spera che nelle prossime ore la depressione si sposti a Ovest, e quindi ci dia la possibilità di partire alla volta di Ushuaia, che dovremmo raggiungere fra 5 o 6 giorni. Un saluto a tutti coloro fino a questo momento ci hanno seguito con entusiasmo, un risentirci a presto da tutto il Team. Ciao ENNIO.

13.01.03 DI NUOVO DRAKE: Alle ore 6.00, sveglia, colazione, preparativi della barca per la partenza e alle otto iniziamo il ballo sul mare più tempestoso al mondo, 1000 km. da percorrere nel punto d’incontro degli oceani Pacifico e Atlantico.. Fin da subito quattro di noi sono costretti nelle cuccette a combattere contro il mal di mare, ben attrezzati di apposito secchiello. Per 2 giorni la situazione non cambia se non per il fatto che diminuisce il rischio iceberg, e che superiamo la zona di convergenza dell’aria Antartica con la zona dell’aria temperata, tutti accusiamo la fatica, qualcuno riesce a mangiare poco, altri praticamente nulla, c’è chi non si riesce ad alzarsi in piedi, né a recuperare le forze, e chi dorme a occhi aperti nei turni in coperta. Il terzo giorno il vento si calma e le cose migliorano subito. Il 16 arriviamo a Capo Horn, in una giornata incredibilmente calma e sbarchiamo per una visita alla casa del guardiano del faro, è un militare cileno che resterà qui per un turno di un anno assieme alla moglie, 2 cani ed un gatto. Durante la nostra permanenza a terra l’ isola di Capo Horn continuerà sempre a ballare sotto i nostri piedi, comunque prima di ripartire ci possiamo permettere il lusso di una pastasciutta in coperta, nella rada sotto il capo. Per la sera del 16/01 raggiungiamo Puerto Toro all’ingresso del canale Beagle, sulla nostra rotta per Ushuaia. La sera davanti ad un bicchiere di vino, Richie lo skipper ci confessa che delle condizioni che abbiamo trovato noi nel Drake, sono state veramente calme, in una scala da 1 a 10 il suo voto non arriva a 3, per nostra Fortuna!!!!!! Ciao da ENNIO e GIANNI

17/18.01.02 CANALE BEAGLE: A Puerto Toro viene a trovarci sulla barca Carlos unico pescatore locale che non se n’ è andato per le ferie estive, andrà a pescare per noi degli enormi granchi dalle carni prelibate chiamati “centolla”, che baratterà per una borsa di cibarie e vino. Visitiamo il suo atelier dove sta costruendo una nuova barca in legno da 10 m. e compriamo da lui qualche “artesania”. Ripartiamo dopo pranzo e ingaggiamo subito una regata con una barca francese fino a Puerto Williams, una gara persa in partenza, arriveremo secondi, utilizzando il motore perché stanchi della bolina stretta, dopo 8 ore di navigazione. Ci attende Catrin una amica di Richie che ha per noi una provvista di pane fresco, frutta e birra; cena di lusso con la “centolla” preparata da Dion. Dopo cena tutti al bar più a sud del mondo, dove tra birra e Piscosauer, si incontrano i marinai del capo in una atmosfera fuori dal tempo su di una vecchia nave militare che fa da molo. Con qualche difficoltà dovuta all’inclinazione del ponte che pende verso il bancone del bar, e alla bevande consumate, riusciremo a rientrare al Pelagic solo a notte fonda. L’indomani passiamo l’intera mattina ad osservare la vita di bordo sulle barche attraccate accanto a noi mentre attendiamo che le autorità cilene ci diano il visto per lasciare il paese e partire alla volta di Ushuaia, che raggiungiamo alle 20.00. Cominciamo a scaricare i materiali dalla barca, e attendiamo con molta pazienza di svolgere le ultime pratiche burocratiche per il nostro rientro in Argentina. Ciao da ENNIO e GIANNI

 

"Pensieri dei Patrtecipanti"

Gianni Predan: La nostra esperienza antartica in quattro righe: continuiamo a stupirci per tutti i momenti belli che abbiamo vissuto, per tutte che cose splendide che abbiamo potuto vedere e fare. Un momento scelto tra i tanti: un turno in coperta durante il rientro dal Drake, mentre il sole compie il suo breve giro sotto l'orizzonte dietro a noi, una luna piena attira la prua della nostra barca sulla rotta di capo Horn e Orione la accompagna, sopra le nostre spalle scopriamo la Croce del Sud, la musica di un walkman aiuta a non sentire la stanchezza né il vento freddo che penetra attraverso i vestiti, un’emozione s’ incide indelebile.

Dario Albertoni: Un gruppo di amici, una barca a vela, un ambiente marino e montuoso di inspiegabile fascino e bellezza….. Ingredienti che piano piano si sono mescolati ed amalgamati, dando vita ad un’avventura fantastica. Tutto è andato per il verso giusto, persino tempo meteo ed il Drake sono stati benevoli nei nostri confronti. Questo viaggio rimarrà per sempre impresso nella mia mente come un preziosissimo dono che pochi possono avere. Lo custodirò gelosamente fra le cose belle ed importanti che la vita mi ha regalato, ….. Grazie, a chiunque abbia permesso di poterlo ricevere…...

Umberto Tacchini: Penso sia indiscutibile la positività di questa esperienza, che terremo nel cuore fino all'ultimo dei nostri giorni, servita anche come catalizzatore per la nostra amicizia, un amicizia che si è dimostrata fondamentale per la buona riuscita di questo "viaggio", un "viaggio" che non volge alla fine ma si innesta come un anello alla fine di altri gia compiuti ed all'inizio di nuove avventure simili o differenti che siano, avventure che arricchiranno sempre più la nostra anima. " Credi nella forza dei tuoi sogni e loro diventeranno realtà".

Aurelio Messina: Un caro saluto a tutti i nostri lettori, sono le otto del mattino mi trovo a Porto Williams ed esattamente a: Lat. S 54°56’098” Long. W 067°37’116” un posto come tutti gli altri? in un giorno come tutti gli altri? No. Qui si respira aria di Capo Horn di Antartide; ora siamo ormeggiati con altre imbarcazioni, quest’ultime non sono barche comuni, hanno tutte alle spalle storie e fatiche dei mari del Sud a prima vista sembrano delle “carrette”osservandole con attenzione ognuna di loro trasmette un senso di vissuto, di sicurezza, di funzionalità (tengo a precisare che sono tutte in acciaio) fatte per navigare in acque tempestose. Siamo tutti attraccati uno a fianco all’altro e le prime due imbarcazioni sono ormeggiate ad una vecchia nave militare affondata nel 1962 in questo porto, ora destinata a pontile, nella sala comandi è stato creato un piccolo Pub, locale d’incontro per tutti gli skipper in partenza per il Sud, lascio a voi immaginare i personaggi e l’atmosfera che regna in questo locale la sera. Porto Williams, il mio pensiero cade subito al classico porticciolo con tutti i servizi necessari, questo non è altro che una piccola insenatura naturale alla foce di un fiume, circondato da una vegetazione patagonica e dominato da montagne alte circa 1000 m. Un giorno come gli altri? No. Oggi è un giorno speciale, oggi termina il nostro viaggio e la mia mente comincia a realizzare quello che è stato fatto, la tensione è sparita e lascia posto all’emozioni che in questi 35 giorni non sono mancate. Questa notte nel mio “oculo” così ho nominato il mio letto (1.70 per 50 per 50) mentre ascoltavo il capolavoro regalatomi da Donatella per natale col mio walkman,(sei grande Doni) pensavo a tutto quello che ho vissuto e mi è venuto un groppo alla gola, perché più di così alla vita non si può chiedere. Oltre che ad essere graziati dalle condizioni metereologiche, dal mare ed essere riusciti a salire delle belle montagne, ho stretto ulteriormente amicizia con i miei compagni d’avventura, ho letto nei loro occhi e udito dalle loro parole la gioia di aver vissuto quest’esperienza e la cosa mi ha riempito il cuore.Ora non mi dilungo ulteriormente e permettetemi di ringraziare le persone che mi hanno permesso di realizzare questo viaggio. Ringrazio mia moglie Donatella che non solo mi appoggia in queste avventure ma m’incoraggia nel viverle al meglio sobbarcandosi una mole di lavoro a casa non indifferente. Ringrazio mia sorella Silvana mia collaboratrice in azienda a sua volta ha dovuto caricarsi anche le mie incombenze per poter permettermi di partire.Ringrazio i miei genitori di avermi ereditato la gioia di vivere in mezzo alla natura e di goderne tutti i suoi aspetti e i suoi elementi.Ringrazio tutti gli sponsor che senza di loro il viaggio non si sarebbe realizzato.Ringrazio i miei compagni di viaggio per aver saputo gestire molto bene tutte le situazioni.Ringrazio Richard e Dion nostri skipper di aver sempre esaudito i nostri desideri. Ringrazio di essere nato.Ciao.

Ennio Capitanio: Le parole forse non possono spiegare le emozioni vissute, ma sicuramente questo viaggio ha acceso un insieme di elementi stupendi, uniti da una forte amicizia; un unico dispiacere non avere avuto con noi due cari amici rimasti a casa, Nello e Annibale. Ringrazio tutti voi che avete apprezzato queste pagine web, e che forse in qualche modo vi hanno portato solo per qualche istante in questo affascinante luogo che è l'Antartide.

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